TEMI DI RICERCA


Pubblicato il 2019-03-08

Il nuovo regime di procedibilità per il reato di corruzione fra privati

L’art. 5 della legge 3/2019 modifica in modo sostanziale il regime applicativo del reato di corruzione fra privati. La procedibilità d’ufficio renderà finalmente effettiva l’applicazione di questa norma quasi dimenticata?



L’art. 2635 del Codice Civile, come modificato dalla legge 190 del 2012, aveva portato una sostanziale innovazione nel panorama dei reati corruttivi, con l’estensione del concetto di corruzione dal settore pubblico a quello privato.
Il fenomeno, davvero molto diffuso, per cui i responsabili degli acquisti in grandi aziende erano soliti approfittare della loro posizione decisionale per ottenere vantaggi di ogni tipo da parte degli offerenti di beni e servizi, avrebbe potuto essere finalmente contrastato.
La previsione di severissime pene detentive per il soggetto agente persona fisica, era finalmente accompagnata dalla corrispondente introduzione del reato stesso nella lista dei cosiddetti ‘reati presupposto’, con le conseguenze sancite dal D.lgs. 231/2001.
Il doppio regime sanzionatorio prometteva quindi un efficace contrasto di un fenomeno diffuso, tollerato dal punto di vista penale, ma seriamente dannoso per il conto economico, la reputazione e l’efficienza dell’azienda che ne rimaneva vittima.
Tale efficacia di contrasto però era destinata a rimanere sulla carta, a causa della previsione della procedibilità a querela della persona offesa.
Questa scelta era modulata sulla possibile ritrosia delle aziende vittime di comportamenti illeciti dei propri dipendenti a manifestare in pubblico queste evidenti lacune del proprio sistema di controllo.
Come spesso accade in questi casi, il risultato è stato quello di rendere decisamente inefficace l’emersione del fenomeno criminale, e ciò sulla scorta delle stesse motivazioni che avevano suggerito di mantenere in capo all’azienda colpita la decisione se attivare la giustizia penale con la querela oppure limitarsi a contestare ufficiosamente l’accaduto al proprio dipendente infedele, eventualmente licenziandolo.
Ora, nel nuovo regime, viene logico chiedersi quali saranno le reali prospettive di applicazione del reato di corruzione fra privati. La procedibilità d’ufficio presuppone infatti che chiunque abbia notizia della commissione del reato, sia obbligato a farne denuncia. In tal modo il regime si allinea alla corruzione pubblica, che ha conosciuto fasi alterne nella effettiva emersione del fenomeno corruttivo.
Nella fattispecie del settore privato, viene logico chiedersi chi potrebbero essere i soggetti che verranno a conoscenza del fatto – reato.
In primo luogo abbiamo la stessa azienda colpita dal reato di corruzione. In tale situazione, possiamo solo pensare che la ritrosia finora dimostrata si manterrà tale e quale. Una cosa però è decidere, pur avendo scoperto che il proprio responsabile acquisti intasca mazzette, di non querelarlo. Altra cosa è decidere di nascondere le prove assunte di tale infedeltà, per coprire l’accaduto, violando l’obbligo di denuncia. Possiamo quindi aspettarci un progresso nell’emersione dei comportamenti criminali.
Tuttavia la vera svolta potrebbe arrivare dall’attività normalmente svolta dagli organismi di controllo aziendale, come il collegio sindacale o l’ufficio dei revisori. Questi, venendo a conoscenza di un reato procedibile d’ufficio, ben difficilmente verrebbero meno all’obbligo di denuncia. Forse questa è la migliore garanzia per l’emersione del reato di corruzione fra privati.
Tutto ciò non fa che confermare l’importanza di un efficace modello organizzativo, questa volta anche nell’azienda vittima del reato. Poter intervenire efficacemente ed in tempo, esercitare una vigilanza costante e precisa, oltre a scoraggiare comportamenti infedeli dei dipendenti, può aiutar


Pubblicato il 2013-07-26

sentenza 29727/13 Corte di Cassazione. III sezione penale.

codice ambientale. gestione di rifiuti. autorizzazioni. gestione illecita. responsabilità colposa.

La Corte di Cassazione ha confermato la decisione presa dal Tribunale di Venezia che condannava un produttore di rifiuti per la gestione illecita degli stessi, non avendo accertato le autorizzazioni dei destinatari.
Tali autorizzazioni sono necessarie se si affida la raccolta, il trasporto e lo smaltimento a terzi soggetti privati.
In difetto di tali autorizzazioni, si incorre in responsabilità colposa per il reato di gestione illecita (articolo 256, comma 1, Codice ambientale).


Pubblicato il 2010-10-31

Come realizzare un efficace Modello 231?

La soluzione di Istituto ISR


Documenti
1 - brochure ISR modelli .pdf


Pubblicato il 2006-10-30

Il Modello Organizzativo 231

Come realizzare un efficace Modello Organizzativo